lunedì 27 gennaio 2014

Le ultime parole famose!



No, il titolo non si basa su qualche barzelletta o vignetta da Settimana Enigmistica.
Il titolo si basa su questa frase, detta (si presume) da USA Today: "Un film destinato a fare il pieno di nomination Oscar".
Ecco, per farvi capire come sono stati leggermente gufi, vi basti pensare che stavolta in sala il numero degli spettatori era inversamente proporzionale al numero di nomination agli Oscar.

The Butler. E' corretto che non abbia avuto nessuna candidatura?
Per certe categorie sì, per altre assolutamente no. Beh, è una regola che potrebbe valere con qualsiasi film, però con questo la faccenda si complica davvero un po'.
Andiamo con ordine: innanzitutto vediamo come la storia è stata sviluppata. Abbiamo due protagonisti. Sì, avete letto bene, DUE protagonisti. Abbiamo due strade, parallele, assolutamente differenti tra loro, ma entrambe con la stessa direzione. Su una abbiamo Cecil Gaine, interpretato da un profondissimo Forest Whitaker, mite uomo nato tra i campi di cotone e cresciuto come cameriere personale dei Presidenti degli Stati Uniti d'America. dico "dei" perchè ne ha serviti ben sette, da Eisenhower a Reagan. La sua è una strada costeggiata da "Sissignore", vassoi d'argento, posate da lucidare e pugnalate al cuore, inflitte dal suo figlio maggiore.

Ed ecco qua la seconda strada con il secondo protagonista: Louis Gaine, interpretato da David Oyelowo, primogenito di Cecil, inizialmente insicuro, poi sempre più consapevole di dover stare dalla parte di coloro che possono cambiare il mondo dei neri. La sua strada ha i bordi assiepati di carceri, botte, insulti, coraggio e a volte pure di stupidità.



La cosa bella è che comunque entrambi lottano per quello di cui fanno parte, Cecil capisce la visione del mondo dai piani alti del potere, e farà la sua piccola rivoluzione per quasi trent'anni per dare valore al lavoro svolto dai neri presso la Casa Bianca.
Suo figlio vivrà i momenti più bui dell'America razzista, dalle segregazioni degli anni '50 agli attacchi del KKK negli anni '60. La marcia di Martin Luther King, le Black Panthers, la lotta per la liberazione di Mandela.

Il cast stellare (persino piccole parti sono interpretate da grandi nomi) narra al pubblico con dettaglio ciò che è stata la storia dei neri negli USA, una storia che molti ancora oggi dovrebbero conoscere. E' una storia poco trattata al cinema, e qua è spiegata davvero al meglio, è ciò che rende il film davvero degno di essere visto.
Ottime interpretazioni, una fra tutte la brava Oprah Winfrey, che torna sgargiante come ai tempi del Colore Viola, belle ambientazioni, musiche toccanti, ricostruzioni storiche accurate, trucco incredibile (un Alan Rickman che sembra la copia di Reagan).
Unica pecca, che m'ha portato diverse volte a prendere a pugni il sedile, il montaggio. Non tanto il montaggio per i salti temporali, quelli vanno bene, per carità. Intendo il montaggio basilare, il montaggio delle azioni. Esempio lampante: Cecil consegna una tazza di caffè a Nixon, vediamo che la posa sulla scrivania. Stacco, la mano di Cecil posa la tazza. ARGH! Errore da pivello! Sembra che certe scene le abbia montate il primo che veniva beccato nei corridoi degli Studios a non fare nulla.

Ma a parte quello, elogio al regista Lee Daniels, che aveva già incantato tutti con Precious. Qua dimostra di saper gestire così tanti attori supernavigati, e di saper narrare una storia bella, di esaltare un uomo umile in un mondo di pugni alzati.

Cinebrusinante


VALUTESCION
The Butler - Un maggiordomo alla Casa Bianca (2013)
di Lee Daniels
con Forest Whitaker, Oprah Winfrey
Scena Top: le scene incrociate tra la cena servita da Cecil e le proteste di Louis
Voto 5/5: le sviste tecniche sono ampliamente nascoste dalla grande narrazione. Una vera lezione di Storia.

sabato 18 gennaio 2014

Un buon giorno per fare dell'altro...


Perchè?
E' una domanda lecita, adatta per ogni occasione: perchè metti il parmigiano sulla pasta al salmone? Perchè i tedeschi vanno con calze e sandali tutto l'anno? Perchè fanno doppiare la Bellucci alla Bellucci?
E soprattutto: perchè hanno fatto Die Hard - Un buon giorno per morire?

Nel 2007 il ritorno di McClane dopo 12 anni di silenzio è stata una sorpresa piacevole, con una trama piacevole e dei personaggi piacevoli, e con un Bruce Willis quasi da limonaggio duro.
Il quinto capitolo, invece, è come aver ricevuto per Natale un maglione fatto dalla zia con problemi di cataratta. E ve ne regala uno ogni anno.

Andiamo con ordine, innanzitutto la trama: il vecchio John McClane vola a Mosca per recuperare il figlio in pericolo. Dovrà vedersela con un malvagio magnate russo.
Basta.
Un po' come raccontare le proprie vacanze estive.
E proprio il tema vacanza è alla base di tutto, poichè stile vecchio rincoglionito faranno ripetere "sonoinvacanzacazzo" al povero Willis almeno cinque o sei volte in tutto il film.

Secondo punto: i personaggi.
Beh, Bruce è Bruce, ma tecnicamente alla fine del film ti chiedi "Ma chi era quel pelato?".
L'umorismo mcclanesco e le improvvisazioni tipiche della serie Die Hard qua mancano, o sono talmente poche che rischi di perdertele nel casino generale.
Il figlio, Jack McClane. Il rapporto tra i due è freddo e distaccato da anni, ma tempo un'oretta e sono nello stile "Ehi campione, ti va di fare due tiri a baseball?". Relazioni umane a velocità della luce.
Se fossi una di quelle bonarie signore taglia XXL non credo direi "Oh tesoro, è proprio tutto suo padre!", perchè secondo me questo Jack è stato addottato. Non ha lo stile dei McClane, è simpatico come una tegola, ha la furbizia di un geranio e non ha proprio niente a che vedere con cotanto padre.
Il cattivo: finito il film intoni una litania in memoria dei fratelli Gruber, del generale Esperanza e dell'hacker Gabriel. Quelli sì che erano cattivi, questo lo hanno pescato da qualche cartone animato. Gli manca solo la battuta "Muahahah, sono un genio!". Magari lui un pochetto, ma la figlia direi proprio di no.

Terzo punto: l'azione.
Nei precedenti film il caro John mi camminava su un tappeto di vetri, dava fuoco agli aerei, balzava dai tombini e lanciava automobili contro elicotteri.
Qua mi devasta una autostrada. E basta.
Non succede nulla! E di conseguenza l'equazione diehardesca azione violenta = battuta alla McClane non avviene.
Basta, non riesco a dire di più. Vi do un cosiglio: guardatelo, così avrete maggiore voglia di rivedere i quattro precedenti per ripulirvi dalla sozzura che avete fatto.

Cinebrusinante


VALUTESCION
Die Hard - Un buon giorno per morire (2013)
Di John Moore
Con Bruce Willis, Jai Courtney 


Scena Top: i titoli di coda 

Voto 1/5: aridatece il caro John McClane dei tempi d'oro!

mercoledì 15 gennaio 2014

Bulli, pupe e bigodini

Si sa, quattro occhi sono meglio di due, e quei due occhi potrebbero perdersi qualche spettacolo in sala a causa di tanti altri impegni.
Quindi, mi avvalgo dell'aiuto prezioso di un amico, che ogni tanto narrerà le vicende cinematografiche da uno dei cuori pulsanti della cinematografia mondiale: Roma.
Ed ecco qua sotto la sua prima collaborazione con Brusio in Sala, e direi che è partito proprio col botto!



“La bellezza oggettiva è funzione del tempo ed alla propria cultura, poiché tali canoni cambiano nel tempo ma restano validi per il periodo indicato.”

C’è poco da fare. American Hustle è bello. E chi dice che è brutto forse dovrebbe smettere di guardare film. Che non ti piaccia va bene, per carità, magari non è il tuo genere di film, ma per favore non voglio sentire che è brutto.

Russell si conferma un gran regista e ci sforna stavolta una commedia anni 80 dall’ironia tagliente e “ignorante”, volendo però tenere tutto sempre all’interno di un contesto credibile e poco arzigogolato.

Sul cast di questo film si potrebbe benissimo fare un discorso a parte. Christian Bale panzone e pelato è qualcosa di indimenticabile secondo me, con quella sua mimica studiata nei minimi particolari. Senza giri di parole, interpreta Irwing, un truffatore che si innamora di una fantastica Amy Adams (o forse della sua scollatura vertiginosa..?) che diventa quindi la sua partner in affari loschi. Bradley Cooper con i bigodini è un altro che non ti scordi facilmente; agente dell’fbi spigoloso e con qualche problema a trattenere gli eccessi di rabbia (epica la scena del telefono dato in fronte al suo “mentore”), un giorno scopre le malefatte della coppia e li costringe a lavorare per lui. Ma la vera mina vagante del gruppo è la moglie di Irwing, interpretata dalla stupenda Jennifer Lawrence, una che non capisci mai se ci è o ci fa. Inutile dire che anche la sua interpretazione è eccezionale. Ecco in poche parole la trama di American Hustle, poco articolata ma efficace che ti fa vacillare per quasi tutto il film su chi siano realmente i “buoni” e chi i “cattivi” (anche questo merito del cast, e lode a Russell che lo ha diretto magistralmente) che non risparmia le critiche sulla società dell’epoca, in un’America dove l’apparire era tutto.

Menzione speciale per la colonna sonora che ho amato alla follia, con pezzi rock, pop e jazz dell’epoca.


In conclusione, questo American Hustle è un film che merita di essere visto a tutti i costi. E che col tempo sicuramente verrà valorizzato ancora di più. Un potenziale classico.

Attendiamo ora con trepidazione la notte degli Oscar, dove lo vedrà sicuramente protagonista con tantissime nomination.

Francesco


VALUTESCION
 American Hustle (2013)
di David O. Russell
con Christian Bale, Amy Adams, Bradley Cooper, Jennifer Lawrence
Scena Top: il bacio tra Amy Adams e Jennifer Lawrence
Voto 4/5: film godibile e scorrevole che forse poteva dare di più sulla trama

martedì 7 gennaio 2014

Il sogno segreto di Ben Stiller


Forse anche Ben Stiller, giunto ormai alla soglia dei 50, ha voglia di qualcosa di diverso, nel campo della regia.
Aveva iniziato nel lontano '94 con Giovani, carini e disoccupati, passando a film di cassetta e di comicità come Il rompiscatole, Zoolander e Tropic Thunder.
Con I sogni segreti di Walter Mitty mette a segno due fattori: il suo primo remake, e il suo primo film con una certa seriosità registica. Per chi non lo sapesse, il signor Mitty venne messo su pellicola nel 1947, con protagonista Danny Kaye. La storia fu tendenzialmente un intrigo, giocando sui momenti di fantasia del protagonista, editore di una serie di riviste.
La versione di Stiller è leggermente diversa, poichè ha voluto rendere omaggio ad una delle riviste americane più celebri, Life, giunta qualche anno fa alla fine delle sue pubblicazioni cartacee, ma ora presente solo in versione digitale sul web.
La storia della rivista si incrocia a quella di Walter, modesto editor fotografico, attanagliato dalla sua attrazione per la bella collega Cheryl, dai suoi fantasiosi viaggi mentali, e dalla disperata ricerca del fotogramma 25, immagine per l'ultimissima copertina cartacea di Life.
Le ambientazioni, puri orgasmi per la vista, insieme alla musica particolare e agli effetti speciali trascinano lo spettatore insieme a Walter alla ricerca del negativo perduto. Incantevoli anche Sean Penn e la intramontabile Shirley MacLaine.
Però il caro Stiller ha perso il pelo, ma non il vizio, in alcuni momenti. La comicità di stampo stilleriano (botta e risposta nei dialoghi, argomentazioni assurde e le classiche "figure di sterco") ogni tanto sbuca nei sogni di Mitty, tipo la zampa robotica del povero cane a tre zampe, o l'omaggio/citazione al Benjamin Button al contrario.
Altro punto un po' debole è la sceneggiatura. A parte la questione tirata in ballo da molti del cellulare sull'Everest, e dai, ormai c'è gente che whatsappa anche sulla Luna! Non vi stupite dei suoi sogni ad occhi aperti e vi lamentate di un cellulare a quota 8.000? Bah.
Invece sono le accelerazioni temporali, il fatto che da cacasotto si ritrova in tempo zero in Groenlandia, ma anche i dialoghi un po' debolucci, soprattutto tra lui e Cheryl.


Ma a parte questo, questo potrebbe essere un inizio registico tutto particolare per Stiller, una svolta già vista in precedenza dalla ricerca, ad esempio, di ruoli seri da parte di attori del calibro di Peter Seller o di Robin Williams.
La bellezza della fantasia, la bellezza delle immagini in versione cartacea, la bellezza della fotografia, la bellezza del mondo. Un film che omaggia la bellezza, a volte invisibile agli occhi come un gatto fantasma.
E per i fan più fedeli, non abbiate timori, sta già preparando Zoolander 2.

Cinebrusinante


VALUTESCION
I sogni segreti di Walter Mitty (2013)
di Ben Stiller
con Ben Stiller, Sean Penn, Shirley MacLaine

Scena Top
: Lui, lei, una chitarra, un elicottero e "Space Oddity"di contorno.

Voto 4/5
: interessante, con qualche intoppo qua e là, ma grazioso.

domenica 5 gennaio 2014

Prendiamo posto


Brusio in sala.
Certo sarebbe meglio il silenzio in sala, ma non pensiamo mai al resto. E’ intrinseco nel nostro essere, non penso capiti mai vedere un programma in tv e commentare con gli amici il giorno dopo quanto sono state belle le interruzioni pubblicitarie. Fondamentalmente non ce ne frega niente degli spot.
Eppure, quando si è al cinema, il brusio è molto interessante e molto importante.
Innanzitutto consideriamo i tipi di brusii, ce ne sono ben quattro.

Il Pre-Film
Arrivate al cinema, comprate il biglietto e andate ad accomodarvi in attesa dei trailer e dell’inizio dello spettacolo. E qua parte il primo brusio. Generalmente si tratta di quello che uno ha fatto durante la giornata, dall’aver portato il figlio dal dentista fino all’essere rimasti scandalizzati per i prezzi delle melanzane al mercato. Ma oltre a quello, spunta già qualcosa riguardante il film della serata: la scelta degli attori, la curiosità della trama, l’essere rimasti colpiti dal trailer, eccetera. E’ un brusio di aspettativa, non sappiamo cosa stiamo per affrontare, o almeno siamo sicuri di non dover comprare le melanzane il giorno dopo.

L’Intervallo
Il secondo brusio, quello che porta a delle conferme di quanto detto prima: quell’attore è un cane, la trama è interessante, quell’attrice è troppo vestita. Ma il commento maggiore è “Finora l’ho capito”. E’ già un passo avanti, poiché la metà della sala stava già progettando di fare pipì e di comprare i popcorn. E non per forza in quest’ordine.

Il Post-Film
Titoli di coda. Luci in sala. E commenti. Molti rimuginano su certi passaggi del film per decretare con trionfo “Ho capito tutto!”, altri invece hanno un sbrigativo “che finale schifoso/che finalone!”. Ma quel tipo di brusio non ha fondamento in sala, crescerà dopo, o in un pub davanti a una birra o a casa davanti a Facebook. E questo porterà a consigliare o meno il film ad amici e parenti.

Ma nessuno pensa mai al brusio più importante:

Il Film
Nel gergo tecnico “brusio di fondo” è quello che si sente in una scena di massa, o comunque è il suono che ti abbraccia per tutta la visione. E’ quella piccola coperta che ti copre dal mondo reale per un paio d’ore e che ti fa vedere e vivere cose mai vissute. E’ l’essenza di ogni film, è un mondo parallelo che si unisce al nostro. E per la miseria, è una cosa unica ed incredibile.

Questo umile blog è una via di mezzo tra il dare un giudizio a film in uscita o già usciti, e vivere certe emozioni che magari molti non sentono quando vanno al cinema. A parte quelli che si appartano al fondo della sala in dolce compagnia.
E cosa ci riserverà questo 2014? Ma un crescendo di bellezze senza dubbio, ma anche di schifezze.
Un anno potente come lo è stato il 2013. Momento amarcord? Ma sì!
Benvenuti in Brusio In Sala!

Cinebrusinante