martedì 12 agosto 2014

Un pensiero infelice



Sicuramente anche a voi sarà capitato.
Possono esserci miglia di distanza a separarvi, magari vi capita di vedervi solo una volta l'anno, a qualche festa comandata o in maniera casuale. Sapete che se alzate il telefono o se chattate su Facebook egli è lì pronto a rispondervi.
Tutti abbiamo quell'amico che c'è sempre anche se non c'è.


Con Robin Williams c'era la stessa sensazione.
Non lo conosciamo di persona, non ci abbiamo mai preso un caffè assieme. Probabilmente egli non sapeva neanche della nostra presenza sul globo. Eppure, seguendo i suoi numerosi film, sapevi di avere un amico anche se non lo si incontrava mai.
Ci sono quelle rare situazioni in cui lo spettatore è talmente attratto dal carisma, dalla bravura, dall'interpretazione di certi attori che si ha un filo diretto con esso.
Robin Williams era questo.


Ci siamo cresciuti con lui, i più grandicelli hanno iniziato un percorso con Robin ai tempi di Mork & Mindy, il suo debutto sul piccolo schermo. Quell'alieno con quelle abitudini particolari e quel saluto ormai divenuto un cult ha fatto breccia nei suoi primi fan.
Al cinema approda invece nel 1980, con l'interpretazione del mitico Popeye.



E da lì ci ha regalato personaggi ed emozioni senza pari, e fatalmente in contrapposizione con la sua vita e, ahimè, con il suo tragico epilogo.
Con Adrian Cronauer ha sbeffeggiato la grande atrocità del conflitto vietnamita portando con i suoi comunicati radio un tocco di allegria, che c'è dell'altro oltre alla guerra.


Con il Prof. Keating ha smosso il torpore mentale di un gruppo di studenti, spingendoli a cogliere l'attimo e a guardare il mondo da un'altra prospettiva, fosse essa da un gruppo segreto di poeti maledetti, da un palcoscenico teatrale o da una cattedra.

Con Peter Banning è tornato bambino, ha riscoperto la semplicità delle cose senza essere avvolto dagli affanni della vita adulta. Un pensiero felice per volare, e capire che vivere può essere un'avventura straordinaria.


Con Daniel Hillard ha ritrovato il modo di stare con i suoi figli, anche a costo di indossare una parrucca, una gonna e un trucco facciale. Con il suo alter-ego, la tata Doubtfire, ha superato ogni ostacolo, giocando con ironia e non fermandosi di fronte a nulla.

Dopo questi capolavori, ecco arrivare a pellicole più adulte, con messaggi più profondi, e con il tanto agognato Premio Oscar vinto con Will Hunting, dove ritroviamo una sorta di Prof. Keating più adulto, più consapevole delle difficoltà della vita, alle prese con un genio sbruffone.
Ha profetizzato inconsapevolmente il suo destino con Al di là dei sogni, trascinandosi fino all'inferno per amore, mentre ha sbeffeggiato la morte con l'ironia di Patch Adams, dove una risata può far dimenticare il dolore.


Negli ultimi anni ha tentato di mostrare il suo lato drammatico, con pellicole come One Hour Photo e Insomnia, ritrovandosi poi a interpretare ruoli minori, uno tra gli ultimi il Theodore Roosevelt della serie Una notte al museo, di prossima uscita il terzo capitolo.
Sicuramente ora saremo più poveri di risate, di riflessioni, di commozioni. Rivedremo i suoi vecchi film con una punta di amarezza, ma con infinita gratitudine, per averci fatto crescere con serenità e divertimento.

Buon viaggio Robin, buon ritorno all'Isola Che Non C'è.