martedì 20 maggio 2014

La finta realtà

Non di solo cinema vive l'uomo, ma è anche vero che molte altre forme d'arte possono finire nel campo cinematografico.
Noi di Brusio in Sala non trattiamo solo dei film proiettati al cinema o quelli già prodotti da diversi anni, ci piace anche andare a trattare argomenti esterni, a toccare dettagli sì cinematografici, ma anche della letteratura, della musica, dell'arte e della fotografia.
E proprio con quella apriremo le danze.

 Quando scatto una foto c'è sempre questa sovrapposizione tra realtà e finzione

Molto spesso la bravura di un fotografo sta nel cogliere quell'istante preciso che narra una bren precisa sensazione. A volte ci vogliono ore, se non giorni, per avere lo scatto perfetto. E' l'istante che si fa catturare dal fotografo.
Per Gregory Crewdson non è così.

Crewdson, nato a Brooklyn nel '62, non aveva la fotografia nel sangue inizialmente, ma la musica. Da ragazzo faceva parte della band punk rock The Speedies, che raggiunse un certo successo con una canzone molto profetica per lui, ovvero Let me take your photo.
E la cotta per una ragazza appassionata di fotografia gli fece scoprire questo mondo. Ogni tanto l'amore compie dei prodigi!

Ed ecco il suo stile: Crewdson non mostra un istante immortalato dopo tanta ricerca ed attesa, ma ricrea quell'istante come vuole lui, a costo di alterare la realtà.
Precisiamo che dicendo "alterare la realtà" non si intende che giocherella con photoshop, si affida al green screen o  utilizza altri trucchetti di effetti speciali, bensì vuol dire che ricostruisce fedelmente, al momento di dover fotografare, la realtà che vuole lui.



In pratica, Crewdson mostra in un solo fotogramma quello che il cinema ci offre in 24 fotogrammi. Le sue fotografie sono pura arte, pura cura del dettaglio, sono una perfezione di luci, colori, posizioni, soggetti, azioni.
Crewdson è un po' il Kubrick della fotografia: il grande regista aveva una cura maniacale dell'inquadratura, se qualcosa andava storto modificava, spostava e reimpostava le cose come dovevano essere. Ad esempio, il suo capolavoro Barry Lyndon, ambientato nel 1700, richiama perfettamente l'atmosfera dell'epoca. Kubrick non utilizzava la luce artificiale in certe scene, ma la luce come era all'epoca, al lume di candela. E se la scena andava rifatta, toglieva le candele utilizzate e le sostituiva con delle nuove, così che nella sequenza montata non si notasse il cambio di lunghezza delle varie candele.
Così è Crewdson: sposta di pochi centimetri un'automobile, fa cambiare leggermente espressione ai soggetti ritratti, reimposta le macchine del fumo per avere lo scenario perfetto.
E di quel soggetto, scatta almeno 50 fotografie, per ritrovare in esse la perfezione. E avere dei capolavori come questi:





Se volete scoprire qualcosa in più sull'opera di Gregory Crewdson, guardatevi il documentario L'istante perfetto - il mondo di Gregory Crewdson, diretto da Ben Shapiro.